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Il formatore è nudo

Pensieri di un formatore

Davanti alla platea appari sempre sicuro, preparato, brillante. Hai le slide pronte, gli esempi calibrati, le battute al momento giusto. Sembra tutto sotto controllo, tutto perfetto. Ma cosa succede quando il formatore si spoglia di questa corazza professionale? Cosa c'è davvero dietro a quella sicurezza apparente?

La verità è che il formatore è nudo. Nudo come il re della famosa favola, ma con una differenza sostanziale: questa nudità non è un inganno da svelare, è una risorsa da abbracciare.

Le paure che nessuno vede

Prima di ogni corso c'è sempre quel momento. Quella voglia di fare bene che a volte blocca più di quanto aiuti. Non è paura di fallire, è qualcosa di più sottile: è il peso della responsabilità di chi ha davanti persone che hanno dedicato il loro tempo per imparare qualcosa da te.

Ti chiedi: "Sarò abbastanza tecnico senza essere noioso? Riuscirò a semplificare concetti complessi senza banalizzarli? E se mi fanno una domanda a cui non so rispondere?"

Poi c'è la gestione delle aspettative. Spesso è il datore di lavoro che vuole la formazione, non gli operatori. Loro sono lì perché devono esserci, non perché vogliono. E tu devi conquistare non solo la loro attenzione, ma anche la loro fiducia. Devi far percepire il valore di quello che stai per condividere a chi magari non ne vuole sapere.

Il balletto dei primi minuti

I primi minuti di un corso sono un balletto silenzioso. Tu studi loro, loro studiano te. Chi sarà quello che aspetta solo la pausa? Chi invece quello che si lascerà scappare un "interessante!" a metà spiegazione?

Difficilmente c'è una seconda occasione per fare una buona prima impressione, e loro lo sanno quanto te. Ti osservano, cercano di capire chi sei, se quello che stai per dire varrà le prossime ore della loro giornata.

E tu fai lo stesso: cerchi di individuare chi farà le domande acute, chi potrebbe essere l'elemento trainante del gruppo, chi invece avrà bisogno di essere coinvolto con più delicatezza. È un lavoro da detective emotivo che inizia prima ancora di pronunciare la prima parola tecnica.

formatore nudo davanti alla classe

L'arte invisibile della gestione d'aula

Stare davanti a una platea, grande o piccola che sia, per otto ore non è solo questione di conoscere l'argomento. È saper leggere i silenzi, capire quando l'attenzione cala, quando è il momento di fare una battuta per alleggerire, quando invece serve una pausa per far sedimentare i concetti, o semplicemente per far respirare il cervello.

È un'orchestra dove tu sei il direttore, ma i musicisti decidono loro quando suonare. Devi saper interpretare gli sguardi, i gesti, quella sottile energia che si muove nell'aula. Quando sale, quando scende, quando è il momento di cambiare registro.

Che siano adulti o ragazzi, le dinamiche sono simili: c'è sempre qualcuno che fa il leader silenzioso del gruppo, qualcuno che ha bisogno di essere rassicurato, qualcuno che sfida con le domande difficili. E tu devi tenere tutto insieme, far sentire ciascuno parte del processo.

Inoltre, da ex operatore conosco bene quella tortura: stare seduti per otto ore quando sei abituato a trascorrerle in piedi, ed è per questo che dico sempre ai corsisti che ascoltare seduti o in piedi è solo questione di abitudine e che, se vogliono, possono alzarsi o spostarsi quando ne sentono il bisogno.

Quando non sai e diventa magia

Ed eccoci al momento più bello e più spaventoso: quando non sai. Quando arriva quella domanda che ti spiazza, quel "ma se invece..." che non avevi considerato.

Per anni ho pensato che la formazione fosse solo ed esclusivamente quella che serve: "Io ti aiuto a risolvere un problema". Punto. Tecnico, diretto, efficace. Ma mi sono reso conto nel corso degli anni che non è sempre così. Un corso è un momento di condivisione, non deve parlare solo il formatore.

Quello che inizialmente sembrava un limite - non sapere tutto - è diventato la cosa più bella del mio lavoro. Mi lascio trascinare da quel qualcosa che non conosco, vado a studiarlo, vado a fondo. Diventa spunto per una nuova lezione, diventa crescita personale, diventa bagaglio culturale, diventa esperienza.

Il bello è proprio questo: scoprire insieme. Far capire che anche il formatore impara, che la conoscenza è un percorso condiviso, non una strada a senso unico. Il vero compito del formatore è fare propri i concetti per poi saperli spiegare in mille modi diversi, adattandosi a chi ha davanti.

I momenti che ti ripagano di tutto

E poi arriva quel momento. Quello sguardo del corsista che si illumina, quel "caspita, questo non lo sapevo!" che esce spontaneo dopo anni di esperienza nel settore. È lì che capisci di aver centrato l'obiettivo, di aver trovato quella chiave che mancava.

Non è vanità, è la conferma che hai fatto il tuo lavoro: hai trasformato l'esperienza in conoscenza utile. Hai preso qualcosa che per te era scontato e l'hai reso nuovo, prezioso, per qualcun altro.

Quando senti un "questa cosa mi mancava!" da chi ha anni di esperienza alle spalle, quando vedi il titolare contento della formazione fatta ai suoi collaboratori, quando capisci di aver davvero aggiunto valore alla loro quotidianità lavorativa... ecco, quello è il momento in cui sai perché fai questo mestiere.

La bellezza di essere nudi

Il formatore è nudo, sì, con tutte le sue incertezze, le sue paure, le sue scoperte dell'ultimo minuto. Ma è proprio questa nudità che ci permette di creare connessioni vere, di toccare corde che altrimenti rimarrebbero mute.

Non c'è niente di più potente di un formatore che sa dire "non lo so, ma lo scopriamo insieme". Non c'è niente di più autentico di chi riesce a trasformare le proprie vulnerabilità in punti di forza.

Essere nudi significa essere umani. E forse è proprio l'umanità la cosa più importante che possiamo trasmettere, insieme alle competenze tecniche.

Perché alla fine, dietro ogni corsista c'è una persona. E ogni persona merita di avere davanti non una macchina perfetta, ma un essere umano che sa cosa significa imparare, sbagliare, crescere.

Il formatore è nudo. Ed è bellissimo così.

 
 
 

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